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Reggio Calabria

 

Risale al 743 a.c. Ricostruita più volte su se stessa, offre al visitatore: la Cattedrale, i resti del castello aragonese, i famosi Bonzi di Riace ed una pinacoteca.  Panoramico è il percorso del lungomare che fronteggia la costa siciliana e che, unitamente alla Villa comunale è nato come orto botanico per la varietà di piante.   Reggio Calabria e' la più meridionale fra le province calabresi, e il suo territorio rappresenta l'estremo lembo della penisola; è la citta' piu' grande della Calabria, adagiata alle estreme propaggini dell'Aspromonte, lungo le sponde orientali dello Stretto di Messina. Antica colonia calcidese, fondata nell'VIII secolo a.C., conobbe grande splendore non solo nel periodo magnogreco, ma anche in quello romano e bizantino. Ne sono testimonianza i resti della cinta muraria del IV secolo a.C. e quelli delle terme romane, che si incontrano sul bellissimo lungomare cantato da D'Annunzio come "il piu' bel chilometro d'Italia", e oggi interamente alberato con rigogliose piante tropicali ad alto fusto.

 

DUOMO DI REGGIO CALABRIA


Il maestoso duomo di Reggio Calabria, l'edificio sacro piu' ampio della regione, fu costruito in stile neo-romanico nel corso degli anni Trenta.

 

E' la Chiesa più illustre dell'arcidiocesi omonima e vanta, giustamente, la sua origine dalla predicazione di San Paolo Apostolo il quale, come attestano gli Atti degli Apostoli (28,13), si fermò a Reggio un giorno durante il viaggio da Cesarea a Roma nell'anno 61 d.C


 

 

CASTELLO ARAGONESE DI REGGIO CALABRIA

Nella parte alta di Reggio Calabria, perfettamente integrato nel tessuto urbano del centro storico, sorge il maestoso castello aragonese . Ubicato in una piazza alla quale da' il nome, il maniero, il cui nucleo originario risale forse a un periodo precedente alle invasioni barbariche del V secolo d.C., fu ristrutturato e ampliato dagli Aragonesi nel corso del XV secolo. Ancora oggi sono visibili i due possenti torrioni di pianta cilindrica e tratti della cinta muraria, eretti nel 1458 per volere del vicere' spagnolo Ferdinando II. Il castello, che resistette alle incursioni turche del XVI secolo e a diversi terremoti, fu conquistato da Garibaldi nell'agosto del 1860.

 

BRONZI DI RIACE


Il 16 agosto del 1972, circa 300 m. al largo della spiaggia di Riace Marina, sulla costa ionica calabrese, furono rinvenute le statue bronzee di due guerrieri oggi conosciute nel mondo intero come i “bronzi di Riace”.

 

La denuncia della scoperta fu fatta da un tale Stefano Mariottini che in quel frangente si trovava in vacanza in Calabria anche se un recente servizio televisivo della trasmissione “Le Iene” sta mettendo in luce un’altra verità.

Al momento del ritrovamento esse risultavano ricoperte di numerose incrostazioni dovute a conchiglie, fossili marini e sabbia e pesavano quasi 400 kg.

Portate al Museo Nazionale di Reggio Calabria per una prima fase di pulitura, le statue furono poi sottoposte a ulteriori interventi di restauro presso un centro specializzato di Firenze, dove vi rimasero per circa 8 anni. Attentamente studiate, si sono rivelate originali greci di eccezionale valore.

Un’ipotesi molto plausibile spiega come siano finite lì: nel II secolo a.C. una nave carica di statue in bronzo prodotte in Grecia, era partita in direzione di Roma; lì i potenti avevano l’abitudine di mettere davanti all’uscio della propria casa statue che rappresentavano guerrieri o eroi per dimostrare la loro potenza. I greci usavano navigare a “cabotaggio” , cioè da costa a costa, ma, improvvisamente, l’equipaggio fu sorpreso da una tempesta di mare, ecco perché, a bordo, si decise di avvicinarsi alla costa calabrese, dove le montagne dell’Aspromonte proteggevano la baia dal vento dell’ovest, lo Zefiro. Fu allora che il comandante prese la decisione di alleggerire la propria zavorra, disfarsi di alcune statue e gettare a mare una parte del carico che la nave conteneva per poter proseguire in modo più veloce verso Roma (pare addirittura che siano state selezionate le meno belle). In effetti non fu mai ritrovato il relitto di una nave, ragione per cui gli storici tendono ad avvalorare questa versione.

Sono alte circa 2 m. e risalgono al V secolo a.C. Controversa l'attribuzione anche se, una delle ipotesi oggi piu' accreditate, le vuole opera dell'ateniese Fidia. Quanto alla provenienza si ritiene che facessero parte del gruppo di eroi omerici di Olimpia, o del tesoro degli Ateniesi a Delfi.

Le statue sono state create con una tecnica particolare, detta “metodo diretto” o della “cera persa”, il cui procedimento operativo prevedeva una struttura rigida, detta “armatura”, su cui si realizzava con l’argilla una scultura di forma simile a quella dell’opera finita, detta “anima”. Su di essa l’artista, utilizzando cera resa più malleabile grazie all’aggiunta di olio, eseguiva un modello perfettamente rifinito. Il modello era poi ricoperto da un secondo strato di argilla(“forma”), fissato all’”anima” con chiodi di metallo e provvisto di tubicini detti “sfiatatoi”. Il modello veniva quindi cotto in un forno dove per effetto del calore la cera si scioglieva attraverso gli “sfiatatoi” lasciando libera un’intercapedine tra “anima” e “forma”. Qui si versava una fusione di bronzo caldo che, a contatto con l’atmosfera terrestre, si solidificava e ne prendeva la forma; i dettagli e gli ornamenti venivano poi eseguiti a freddo.

Oggi esse vengo­­­­­ denominate statua A e statua B: la statua denominata A raffigura il guerriero piu' giovane e risalirebbe al 460/450 a.C., mentre la statua B, il vecchio sarebbe del 430/420; create, quindi, da uno o più artisti (della stessa scuola artistica) a distanza di 30 anni l’una dall’altra.

Le due statue in bronzo presentano un’estrema cura nei particolari anatomici, che crea un'immagine complessiva di grandissima armonia e naturalezza; alla plasticita' estrema dei corpi corrisponde l'intensita' espressiva dei volti. Le loro labbra, le ciglie e i capezzoli sono rivestiti da una lamina di rame, i denti da una patina argentea e gli occhi sono stati realizzati in avorio e pasta vitrea. Splendidi i riccioli della barba e dei capelli che, trattenuti da una fascia, incorniciano il viso del guerriero piu' giovane; diverse le caratteristiche della statua B, un uomo più maturo, il cui capo appare non rifinito forse coperto da un elmo corinzio rialzato o cinto da una corona d’alloro. Entrambi i personaggi reggevano una lancia nella mano destra e lo scudo nella sinistra.

Gli studiosi hanno persino ricostruito possibili rappresentazioni: il vecchio sarebbe il profeta Anfiarao e questo spiegherebbe la strana forma della testa e i fori sulla nuca, su cui vi era probabilmente una corona di alloro (tipico ornamento dei profeti); il giovane, con una muscolatura possente e un viso caratterizzato da una smorfia di ferocia, sarebbe invece Tiddeo, un guerriero selvaggio e potente che, dopo aver ucciso i suoi nemici, si cibava del loro cervello per guadagnarsi l’immortalità che la dea Athena gli aveva promesso. Ma queste ricostruzioni storiche non risultano più attendibili alla luce dello studio anatomico dell’uomo greco del V secolo a. C. che non poteva avere quelle dimensioni di altezza. Rappresentano quindi degli eroi, perfetti e invincibili, superiori a tutti.

I bronzi di Riace sono custoditi nel Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, su basamenti antisismici posti in una sala appositamente creata, a cui si accede dopo aver attraversato una “sala filtro” che per circa 3 minuti ripulisce i visitatori da eventuali germi e batteri per mezzo di un getto di aria pura.

La sala di esposizione è caratterizzata da finestre interne da cui non accede la luce diretta del sole, filtri di aria condizionata per mantenere la temperatura costante in qualsiasi stagione dell’anno ed evitare il deterioramento del bronzo, fotocellule perimetrali e sensori di sicurezza con un sistema di allarme che tiene a debita distanza i visitatori.

Tali precauzioni sono necessarie essendo queste le uniche statue esistenti al mondo del periodo ellenico, conservate nei fondali del mar Ionio calabrese e quindi scampate al pericolo di essere fuse e trasformate in palle di cannone come accadeva nel Medioevo agli altri oggetti in bronzo.

La loro superba bellezza è esempio unico al mondo della perfezione e dell'equilibrio formale cui era assurta l'arte greca nel V secolo a.C.

 

 

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Dott.ssa Caterina Malfarà Sacchini - tel (0039)3477021535e.mail: caterina@calabriaguidaturistica.it

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